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1923 circa Bruno Salvagno marconista a Firenze
1923ca Bruno Salvagno marconista a Firenze

 

Bruno Salvagno, giornalista

copertina rivista Chioggia
Copertina della rivista "Chioggia"
n. 58, giugno 2021

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di Alberto Naccari, docente e storico del territorio
articolo pubblicato sulla rivista di studi e ricerche "Chioggia" n.58, giugno 2021

Amore incondizionato per i familiari, alto senso del dovere professionale, correttezza nelle relazioni interpersonali, senso cristiano dell’esistenza: questi i tratti distintivi di Bruno Salvagno.

Nato a Chioggia il 9 giugno 1903 da Luigi e da Amabile Penzo, muove i primi passi in un ambiente parentale ricco di figure di spicco, quali Antonio Emanuele Coriolano e Tullio, senza però la presenza del padre, capitano del traghetto tra Chioggia e Sottomarina quando ancora mancava l’Isola dell’Unione, che gli viene a mancare in tenera età per un incidente sul lavoro.

Il primo, Antonio Emanuele Coriolano, cugino di primo grado del padre, nato il 16 febbraio 1865, riceve le insegne di Cavaliere dell’Ordine Equestre di San Silvestro Papa e quelle dell’Ordine della Corona di Casa Savoia. Svolge la propria attività lavorativa in varie amministrazioni comunali, fino a ricoprire il ruolo di segretario generale nel Comune di Lendinara. Perduta la moglie in età giovanile, trova conforto nella fede religiosa, abbracciando gli insegnamenti di San Francesco e divenendo Terziario dell’Ordine. Tornato a Chioggia, vi conclude la propria esistenza terrena il 10 giugno 1946, amorevolmente assistito dai congiunti nell’età senile, dopo avere affidato in piena fiducia a Bruno, ormai ventiquattrenne, le proprie disposizioni testamentarie. Ed è proprio tale personaggio, nel 1927, ad incoraggiare Bruno nel proseguimento degli studi, interrotti quelli seminariali diversi anni prima, che all’epoca rappresentavano l’unica possibilità a Chioggia di proseguire dopo la scuola dell’obbligo. Esperto nell’amministrazione dei beni comunali, lo consiglia di iscriversi al Corso di Contabilità per Piccole Industrie, del quale consegue il diploma con il massimo dei voti. L’altro insegnamento che gli offre, ma questa volta mediante il semplice esempio, è la morigeratezza nei costumi e l’onestà intellettuale, assunti come imperativi categorici ed osservati in ogni circostanza della vita.

Antonio Emanuele Coriolano a Roma
1923ca Antonio Emanuele
Coriolano a Roma
Norina, Rita, Fernanda e Pierluigi. Don Tullio, Alberto e Amabile
1950ca Cortile San Domenico. In piedi da sn: Norina,
Rita, Fernanda e Pierluigi. Seduti: don Tullio, Alberto
(già orgoglioso di portare la custodia
della fotocamera a soffietto) e Amabile

Il secondo, Tullio, fratello più anziano, nato il 17 novembre 1890, nominato nel 1946 Cameriere Soprannumerario di Sua Santità con decreto a firma di Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI) con riconferme nel 1959 e 1963; nominato Canonico Onorario della Cattedrale di Chioggia dal Vescovo Giovanni Battista Piasentini nel 1963; insignito nel 1968 dell’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto e nel 1975 dell’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, compie gli studi religiosi presso il Seminario Vescovile di Chioggia, prendendo i voti il 21 settembre 1913.
Presta il servizio militare nel 1912 nel 71° Reggimento Fanteria, dapprima a Venezia e poi a Mestre. Allo scoppio del Primo Conflitto Mondiale viene assegnato alla Sesta Compagnia di Sanità, a Bologna, e poi all’Ospedale Militare Territoriale di Palmanova. In seguito alla ritirata di Caporetto, passa all’Ospedaletto da Campo 151, prima a Cavarzere e poi a Santo Stino di Livenza, rimanendovi fino al congedo, il 12 aprile 1919.
Nel terribile periodo delle vicende belliche assume l’incarico di portare il conforto della fede ai feriti e ai moribondi, nonchè di scrivere alle famiglie dei caduti. Nel 1920 fonda a Chioggia, dirigendola per 37 anni, una sezione dell’Associazione Nazionale delle Famiglie Caduti in Guerra, che in varie occasioni ne attesta l’alto profilo morale e la pietas mediante riconoscimenti e diplomi, e che lo fregia di una medaglia d’oro per l’impegno assunto. Un altro Diploma di Benemerenza, a firma del Duce, gli viene conferito nel 1927 per la sua iscrizione all’Opera Italiana per l’Oriente, della quale diventa Socio Benemerito. Un altro ancora, con medaglia d’oro annessa, gli viene conferito per essersi distinto come portavoce della Campagna Antitubercolare nelle scuole.
Nel 1930, presso la milanese Università Cattolica del Sacro Cuore, consegue il diploma di insegnante di religione, professione che esercita fino al 1970, pur continuando a reggere la Rettoria di San Domenico per ben 46 anni. Dal 1923 al 1977 insegna lettere con grande passione e trasporto alle nuove generazioni di sacerdoti presso il Seminario Vescovile di Chioggia, mentre dal 1920 al 1962 dirige le Opere Missionarie della Diocesi. Legato da vincoli di profondo affetto alla sorella Norina (1893-1980), di tre anni più giovane, che gli fa da perpetua per tutta la vita, ed al fratello Bruno, che di anni in meno ne ha tredici, affianca la mamma Amabile nella difficile opera di educare il fratello più piccolo, accompagnandolo nella crescita all’insegna della fede cristiana, esercitando la virtù della carità (in città erano ancora numerosissimi gli indigenti) e guidandolo negli studi. Conclude la propria esistenza terrena improvvisamente, alla veneranda età di 87 anni, il 4 dicembre 1977.

Bruno con commilitoni a Tripoli
1924ca Bruno (secondo da dx) con alcuni suoi commilitoni
radiotelegrafisti a Tripoli

Lungi dal creare in Bruno un senso di soggezione, queste due figure di rilievo fanno nascere il lui una profonda ammirazione ed uno spirito di emulazione, che trovano modo di realizzarsi mediante la scrittura, iniziata in giovane età, e nell’attività giornalistica, che non cesserà mai di esercitare.
Ama la lettura, passando progressivamente dalla narrativa per ragazzi allora diffusissima (Dumas, Verne, Salgari) ai classici della letteratura, attratto in modo particolare dalla poesia. La studia con passione, acquisendo le competenze per la sua futura attività di recensore degli autori vernacolari locali, numerosi e prolifici. Frequenta quotidianamente l’Oratorio-Ricreatorio dei Padri Filippini in Calle Luccarini, istituzione che raccoglie decine di ragazzi affidati alle cure sapienti ed amorevoli del Padre Preposito Attilio Soravia (1896-1932), ma anche di Padre Raimondo Calcagno (1888-1964), del Padre Ernesto Chiereghin (1900-1967) e degli altri religiosi della comunità. Qui ha modo, tra il gioco e la preghiera, di potersi esprimere mediante la recitazione, che assieme al canto corale costituiva le due sezioni oratoriane affidate alla cura di Padre Raimondo. L’attività teatrale gli offre un’ulteriore occasione di crescita: scopre le opere di Carlo Goldoni, padre della moderna commedia, ma anche di Giacinto Gallina e delle sue divertentissime creazioni.

Mercato ittico all'ingrosso di Chioggia
1950ca Asta all'orecchio nel vecchio mercato ittico
all'ingrosso di Chioggia


Pulitori di canestrelli nel mercato ittico
1950ca Pulitori di canestrelli nel vecchio mercato ittico
all'ingrosso di Chioggia

Ma gli anni spensierati della giovinezza trascorrono in fretta, e con la maggiore età giunge l’obbligo del servizio militare. Viene destinato a Firenze, alla Scuola Trasmissioni dell’esercito, che frequenta tra la primavera e l’estate del 1923. È nel capoluogo toscano che la vita di Bruno subisce una svolta decisiva: nelle ore serali, per ben sei mesi, frequenta la redazione del quotidiano “Unità Cattolica”, legandosi con profonda amicizia allo storico direttore Ernesto Callegari, che ne diviene il mentore e gli insegna il mestiere del cronista.
Dopo una breve parentesi a Fiume viene destinato a Tripoli, nella Libia conquistata in seguito alla guerra italo-turca del 1911, e vi rimane dal 24 ottobre 1923 all’11 ottobre 1924, ricoprendo il ruolo di radiotelegrafista. Lontano dal mondo, nel fortilizio isolato nel deserto, trova il modo per curare i propri interessi culturali. Nei momenti di libertà prosegue nelle amate letture, ma soprattutto scrive. E scrive moltissimo, su qualsiasi argomento, prendendo spunto dalle notizie che gli giungono mediante la stampa italiana. Così, nel silenzio e nella pace, le soffici sabbie tripolitaniche diventano le solide fondamenta su cui poggia l’attività giornalistica degli anni a venire.
Assolta la leva, viene iscritto nel ruolo 71 B della Forza in Congedo dei Radio Telegrafisti, rimanendo sempre legato a tale corpo. L’Associazione dei Radio Molini da essi fondata, addirittura, nel momento in cui Bruno passa ad altra vita, fa pervenire alla moglie Fernanda una medaglia-ricordo.

25esimo nozze di Bruno e Fernanda
18/06/1959 Foto di gruppo sul ponte di San Domenico per il 25esimo anniversario
di nozze di Bruno e Fernanda

Tornato ad indossare gli abiti civili, si impiega come contabile nel mercato all'ingrosso del pesce. Negli stessi anni, tra la fine dei Venti e l’inizio dei Trenta, conosce a Chioggia la signorina Fernanda (nata il 7 febbraio 1909), che porta il suo stesso cognome, ma che appartiene ad un altro ramo dei Salvagno. I due si fidanzano e convolano a nozze qualche anno dopo, il 18 giugno 1934. Scelta Roma come destinazione per il classico viaggio, beneficiano della tessera di circolazione gratuita per la rete urbana autotramviaria, offerta agli sposi novelli dal Governatorato della Città, e di biglietti d’ingresso gratuiti per accedere al Palazzo Apostolico del Laterano, offerti dallo Stato del Vaticano.
Dalla loro unione nascono Rita (1935-2020), per quarantacinque anni apprezzata maestra elementare; Pierluigi (1941-2003), diplomato ISEF ed insegnante per qualche anno di educazione fisica, ma poi addottorato in legge e divenuto valente e stimato avvocato; Alberto (1946) [> > biografia], dottore in chimica, diviso tra l’insegnamento, il giornalismo e la fotografia.

Dopo il matrimonio la famiglia si trasferisce al n.1333 di Corso del Popolo, al secondo piano della casa di proprietà dell’avvocato Ettore Aprile, esattamente sopra il negozio di Foto Marino. Già grande amico sia dei fratelli fotografi Carlo e Gino Bullo, stringe amicizia anche col nuovo arrivato, affidando ad entrambe le ditte i suoi scatti per lo sviluppo e la stampa. Ed è proprio nel laboratorio sotto casa che l’ultimo nato Alberto, appena fanciullo, muove i primi passi nel mondo della fotografia, ricevendo in dono dal generoso proprietario la prima macchina fotografica a soffietto 6x9 mm.

Nel frattempo, Bruno prosegue sia nell’attività professionale sia nell’attività giornalistica. Nel mondo della pesca, dove risulta impiegato come astatore (“persenevole”), da semplice dipendente diventa imprenditore: gestisce una piccola ditta tra le colonne del Palazzo Granaio, tra i banchi della vecchia pescheria, e con alcuni dipendenti si occupa delle contrattazioni all’ingrosso tra i venditori e gli acquirenti.
Tratta in modo particolare il pesce di valle, stringendo vincoli di amicizia con i maggiori vallicoltori non solo locali (Vianelli, Penzo, Smeraldi), ma anche con quelli di Comacchio. Negli anni dell’immediato secondo dopoguerra difende i loro interessi come Direttore dell’Associazione Vallicoltori, opponendosi alla bonifica agraria che avrebbe determinato l’esproprio di numerose aree vallive. Sotto tale veste si reca in varie occasioni nei ministeri romani, accompagnato talvolta dalla moglie o da qualche figlio, svolgendo egregiamente l’incarico assegnatogli.

Alberto e Bruno a Roma
1952 Bruno in viaggio di lavoro a Roma
accompagnato dal figlio Alberto

Nel mondo della carta stampata si afferma come autorità nel 1951, l’anno in cui il Polesine si trova tragicamente sommerso dalle acque del fiume Po. Sostituisce l’ormai attempato corrispondente de “Il Gazzettino” Iginio Tiozzo, sorvola le zone allagate con un elicottero della Guardia di Finanza e diventa cronista di prima linea. I quotidiani nazionali, non avendo corrispondenti in zona, lo incaricano di questo compito. Viene così arruolato da “Il Corriere della Sera”, da “Avvenire”, da “Il Resto del Carlino”, dalla RAI.

Iginio Tiozzo
1958 Iginio Tiozzo al lavoro
(fotografato da Alberto)


Durante la seconda guerra mondiale non partecipa alle operazioni militari in quanto capo-famiglia con prole. In quegli anni è in stretto contatto con firme prestigiose del giornalismo dell’epoca, con le quali scambia regolare corrispondenza. Su tutti spicca la figura di Pier Maria Bianchini, colonna de “La Tribuna di Roma”, che il 31 maggio 1941 gli scrive della sua esperienza bellica come corrispondente da vari fronti, prima quello libico-egiziano e poi quello balcanico.
Negli oltre cinquant’anni di attività giornalistica, durante i quali collabora con 14 quotidiani, 12 periodici (numerosi dei quali a tiratura nazionale), ad alcune agenzie di informazione e a RAI Veneto, Bruno produce migliaia di pezzi tra cronache, commenti, recensioni: una quantità così vasta da non poter essere recuperata nella sua interezza.
Sembra privilegiare, però, tre ambiti, nei quali non fatica a destreggiarsi e che gli consentono di esprimere conoscenze, opinioni, riflessioni: la cronaca cittadina, il mondo della pesca, la poesia vernacolare. Gli anni della sua giovinezza sono gli stessi in cui, a Chioggia, seppure anziani, si trovano personalità del calibro di Carlo Bullo, Vincenzo Bellemo, Aristide Naccari. Le loro opere sulla storia, geografia, arte locale, oggi così difficilmente reperibili, circolano con facilità e sono oggetto di studio, formando le generazioni successive, fatte da Anton Maria Scarpa, Pietro Giorgio Lombardo, Felice Pagan, Dino De Antoni, Umberto Marcato. A tale abbondante produzione vanno aggiunte, ad onor di cronaca, anche altre pubblicazioni, in modo particolare le due “Storia di Chioggia” di Domenico Razza e di Pietro Morari, nonché il repertorio dei maggiori chioggiotti degni di memoria al quale l’autore, Iginio Tiozzo, dà il titolo de “I Nostri”. Tiozzo, addirittura, sebbene decisamente più in avanti con gli anni, prima notaio e poi direttore illuminato della locale biblioteca civica per decenni, si lega a Bruno con vincoli amicali e lo introduce nei vari settori degli studi locali, dei quali diviene, oltre che conoscitore, felice divulgatore.
Dalla mole importante di opere che può consultare, infatti, non estrapola solamente aride informazioni fine a sè stesse: le elabora facendole divenire l’humus per i suoi scritti, soprattutto quando tratta la cronaca cittadina nelle pagine del Gazzettino e della Nuova Scintilla (alla cui fondazione contribuisce attivamente). Così, quando scrive di personalità in visita, di mostre, inaugurazioni, restauri, realizzazioni, lo fa inserendo spesso notazioni di storia patria, coinvolgendo emotivamente il lettore e favorendo il suo processo di identificazione con l’ambiente in cui vive.

Agli scritti aggiunge spesso immagini fotografiche che realizza personalmente. Inizialmente ne cura la stampa nel piccolo laboratorio nella canonica di San Domenico, in cui risiede con la famiglia prima del matrimonio, ma poi le affida all’amico Carlo Bullo, titolare dello storico laboratorio tra calle Gradara e calle Biseghella. Lo costringe talvolta al lavoro notturno per poter spedire in tempo utile, alle varie testate giornalistiche, il materiale destinato alla rotativa. E quando l’argomento lo richiede, correda l’articolo con immagini tratte da vecchie cartoline o da antiche stampe.

Iginio Tiozzo, Michele Bighin, Bruno Salvagno, Orio Vergani, Salvino Chiereghin
Da sn: Iginio Tiozzo, Michele Bighin, Bruno,
Orio Vergani, Salvino Chiereghin all’inaugurazione
della lapide dedicata a Eleonora Duse


Cineoperatori cinematografici sul campanile del Duomo
Cineoperatori cinematografici sul campanile del Duomo
1955ca Cineoperatori accompagnati da Bruno
sul campanile del Duomo di Chioggia

L’altro settore particolarmente caro a Bruno risulta essere quello della pesca. Direttamente coinvolto per l’attività esercitata, ne conosce i meccanismi, le prospettive, le problematiche. Con passione e competenza, negli anni dell’autarchia promuove il consumo del pesce, esaltandone le qualità gustative e nutrizionali; accompagna la flotta peschereccia che sta passando dalla vela al motore; diviene lungimirante divulgatore della “Sagra del Pesce”, facendo conoscere a tutto il Paese la festa culinaria chioggiotta di mezza estate; si fa portavoce delle istanze dei moltissimi addetti ai lavori, pungolando amministratori distratti ed attirando l’attenzione dei politici romani.
E lo fa non solo mediante la stampa locale, ma anche con quella nazionale, collaborando con testate specialistiche, quali “Italia Peschereccia”, di Napoli, dal 1932 e “Corriere della Pesca”, dal 1940, “La Pesca Italiana”, dal 1947, “Il Globo”, dal 1954 tutte e tre di Roma.

Pari interesse, passione, competenza, emergono dalle recensioni di opere letterarie, prodotte soprattutto da poeti vernacolari locali, ma anche da altri dell’area padana più prossima alla città, in maniera particolare dal polesano Primo Guarnieri. Gli articoli evidenziano il talento di Bruno nel cogliere l’ispirazione dei vari autori, ma mai per piaggeria, evidenziandone creatività, capacità compositive e caratteristiche morfo-sintattiche, non lesinando critiche e consigli. I numerosi biglietti di ringraziamento che gli vengono inviati testimoniano sinceri sentimenti di stima e riconoscenza. Con alcuni degli autori si tiene spesso in contatto, di cui rimane traccia nella corrispondenza e nelle dediche autografe sui frontespizi delle opere a lui donate. Particolarmente vicini sembrano essergli Riccardo Naccari, il preside Domenico Perini, il dottor Mario Padoan, primario dell’ospedale locale, ma anche il maestro Mario Chiereghin, che gli invia tutta la sua produzione di fiabe per l’infanzia, il professor Lorenzo Padoan, che gli fa avere i suoi studi, Alfredo Bordin “Ta-Ho-Ma”, che gli affida racconti e romanzi.
Con chi crea un sodalizio speciale, ad ogni modo, è Umberto Bertuccioli (Berto Bertù), comandante della locale Capitaneria di Porto negli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo. Profondamente innamorato della Città, egli stesso poeta dialettale, gli fa conoscere l’opera di Innocente Giuseppe Lanza “Fugassetta”, chioggiotto di nascita ma Ufficiale del Genio residente al Lido di Venezia tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento. Prolifico autore di versi in vernacolo, Lanza ha il merito di avere fondato nel 1893, nella capitale lagunare, la Società Lunatica Benefica, radunando un circolo di facoltosi benefattori dediti all’assistenza dei meno fortunati. Gli passa le sue composizioni ed anche le cartoline postali giuntegli da Venezia, che in taluni casi sono stampate con i suoi versi.

Oltre che i poeti, si stringono attorno a Bruno anche i maggiori artisti operanti in Città: Brombo, Gallimberti, Pagan, Pregnolato, Tomaz, Quagliati, che nelle loro tele l’hanno rappresentata tra gli anni Trenta e gli Ottanta, si affidano alle sue recensioni e presentazioni, e gli fanno omaggio di alcune loro opere.

varo di un peschereccio
i negativi impressionati da Bruno e ora digitalizzati da Alberto
pescherecci in mare
1937ca Pescherecci in mare e varo di un peschereccio. Sono molti


Talvolta riceve in casa gli inviati della RAI, tra cui spicca la figura di Nino Vascon, che giungono a Chioggia con una giardinetta ed un enorme macchinario per le registrazioni nel bagagliaio. Personalità ed autorità vengono intervistate direttamente nel salotto, mediante cavi e strumenti fatti salire al secondo piano da Corte Quintavalle. Passano di lì pure Orio Vergani e Giovanni Comisso, ripresi con pellicola da 16 mm., immediatamente portata a Roma, sviluppata e mandata in onda nel telegiornale della stessa sera. Come operatore c’è quasi sempre quel Mariso Varagnolo, che nel 1950, cura la fotografia del cortometraggio “I nua” (Nuotano), per la regia di Enzo Luparelli, con la voce di Cesco Baseggio che recita in dialetto veneziano i famosi versi dialettali di Domenico Varagnolo. Altro ospite degno di essere menzionato è Mario De Biasi, fotografo di punta della rivista Epoca, possessore di strumenti ottici all’avanguardia per i tempi (fine degli anni Cinquanta), che nemmeno i professionisti locali possono permettersi.
Tra i politici, invece, non si può non nominare l’onorevole Mario Ferrari Aggradi, figura di spicco della Democrazia Cristiana degli anni Sessanta, per varie volte Ministro dal 1958 al 1972, abituale ospite sia dei Salvagno che degli Aprile.
A casa del fratello Tullio, invece, nella Chiesa di San Domenico, non è raro incontrare il professor Umberto D’Ancona, fondatore della Stazione Idrobiologica dell’Università di Padova, e pure il suo successore, il professor Carlo Mozzi, che a volte affidano ad Alberto, per lo sviluppo e la stampa, i negativi delle foto riguardanti le loro ricerche marine.

La giornata lavorativa di Bruno risulta scandita da orari che deve rispettare rigorosamente se desidera mantenere gli impegni assunti. Terminato il quotidiano lavoro in pescheria, dalle quattro alle nove del mattino, torna nella propria abitazione e si mette quasi immediatamente al lavoro nel suo studio. Puntualmente, alle 10:15, ha una chiamata fissa con la sede RAI di Venezia, durante la quale (ma spesso lo fanno i figli) detta l’articolo ad un operatore che lo registra su di un disco di gomma. Verso le 12:00 porta all’Ufficio Postale le buste “fuori sacco” con gli articoli dattiloscritti per la consegna diretta alle varie redazioni dei giornali. Subito dopo pranzo riposa per un’oretta, in cucina o su una poltrona in camera sua, amorevolmente avvolto da una calda coperta con cui la premurosa moglie lo difende dalle basse temperature invernali. Dedica alla scrittura anche le ore pomeridiane, mentre all’imbrunire celebra il rito fisso della visita all’Ospedale Civile (allora a Palazzo Grassi) ed alle Caserme dei Carabinieri e della Polizia, a “caccia” di informazioni utili per gli articoli di cronaca. Presenzia pure alle serali sedute del Consiglio Comunale, ma talvolta, stremato, lascia ad Alberto il compito di seguirne lo svolgimento, bisognoso di riposo prima di una nuova giornata ricca di impegni.

Bruno Salvagno nel suo studio
1965ca Bruno Salvagno nell suo studio
(fotografato da Alberto)

La passione per il giornalismo, potersi muovere tra i retroscena degli eventi, avere informazioni di prima mano, il piacere di tessere amicizie e conoscenze non si fermano con Bruno. Troppi sono gli stimoli che raggiungono i figli perché questi non ne rimangano ammaliati: già coinvolti da giovani con piccole mansioni ed incarichi, si incamminano nel sentiero percorso dal padre e lo imitano nella professione. La prima a farlo, naturalmente, è Rita, che fissa nei quaderni di bambina le esperienze narratele dal padre, seguita dal fratello più piccolo, Alberto, il quale, per gioco e divertimento, si muove tra i banchi di Foto Bullo e di Foto Marino ancora prima di frequentare le elementari. Poi è la volta del secondogenito Pierluigi che, per qualche tempo, a metà anni Sessanta, racconta nelle pagine del Gazzettino la cronaca sportiva della Città. Ma chi si lancia totalmente nel mondo della carta stampata, negli anni Settanta, è l’ultimo nato: viene assunto come fotografo da un’agenzia pubblicitaria (Pep), specializzata in turismo, si trasferisce a Roma e gira per l’Italia in furgone. Scrive regolarmente per riviste del settore, e sul mensile “Caravaning” tiene per diverso tempo una rubrica specifica. Poi diventa imprenditore di sé stesso: nel 1979 nomina il padre direttore de “Il Nuovo Gestore”, e questi, dopo due anni, certifica l’attività del figlio consentendogli di divenire giornalista pubblicista.
Attualmente, a calcarne le impronte, è il nipote Gianluca, dottore in giurisprudenza, figlio di Pierluigi e di Rosa Amato, capo redattore centrale al “Gazzettino” di Venezia.

Ormai nonno, alla veneranda età di ottant’anni, Bruno conclude la propria esistenza terrena in seguito a due paralisi. Dalla prima riesce a riprendersi, ma la seconda lo colpisce in maniera più violenta, facendolo spirare dopo una lunga degenza. E’ il 13 settembre 1983.
La sua figura viene ricordata da molti, pubblicamente mediante la stampa o privatamente con messaggi alla famiglia. Tra i tanti, il maestro Angelo Padoan, che gli succede in “Nuova Scintilla”, ne fa un accorato elogio, delineandone le caratteristiche professionali e lo spessore umano, mentre Eugenio Ottolenghi, responsabile della redazione veneziana della RAI, ne sottolinea l’attaccamento alla città natale e alla sua gente.

 

 

Gruppo di camicie nere clodiensi
1938ca Gruppo di camicie nere clodiensi


Gruppo di democratici cristiani clodiensi
1965ca Gruppo di democratici cristiani clodiensi


Gruppo di parenti e amici per il giubileo sacerdotale di mons. Tullio
1963 Gruppo di parenti e amici per il giubileo sacerdotale
di mons. Tullio (foto scattata da Alberto)
ATTIVITà GIORNALISTICA DI BRUNO SALVAGNO
1913 “Lo scolaro” - quindicinale per ragazzi, di Genova
1920 “Noi giovani” - settimanale cattolico di Padova
1925 “Teatri e divertimenti” - bisettimanale di Venezia
1930 “La voce del mattino” - quotidiano di Rovigo
1931 “Annali della Madonna della Navicella” - mensile di Chioggia
1932 “Italia peschereccia” - mensile di Napoli
1936 “Foglietto della domenica” - settimanale di Chioggia
1936 “Corriere padano” - quotidiano di Ferrara (dal 1936 al 1943)
1937 “Regime fascista” - quotidiano di Cremona
1938 “Resto del Carlino” - quotidiano di Bologna (dal 1938 al 1945)
1940 “La Scintilla” - settimanale cattolico di Chioggia (dal 1940 al 1945)
1940 “Corriere della pesca” - quindicinale di Roma
1941 “Il lavoro fascista” - quotidiano di Roma
1945 “Gazzetta d’Italia” (poi “Gazzetta del Popolo”) - quotidiano di Torino
1945 “Nuova Scintilla” - settimanale cattolico di Chioggia (dal 1945 al 1983)
1945 “L’Avvenire d’Italia” - quotidiano di Bologna (dal 1945 al 1967)
1945 “Corriere d’Informazione” - quotidiano di Milano (dal 1945 al 1977)
1946 “Intrev” - agenzia d’informazioni quotidiane per la stampa, Venezia
1946 RAI Venezia e Nazionale (fino al 1974)
1947 “Corriere della Sera” di Milano (fino al 1977)
1947 “Rinascita” - quotidiano di Bologna
1947 “La Pesca Italiana” - rivista mensile di Roma
1948 ANSA – agenzia d’informazioni per la stampa, sede di Venezia (fino al 1977)
1950 “Il Gazzettino” - quotidiano di Venezia (dal 1950 al 1974)
1950 “Il Gazzettino Sera” - quotidiano del pomeriggio di Venezia (fino al 1958)
1951 “Ognisport” - settimanale di Venezia edito da “Il Gazzettino” (per molti anni)
1954 “Il Globo” - quotidiano economico e finanziario di Roma
1967 “Avvenire” - quotidiano di Milano (dalla fondazione)
1979 Direttore Responsabile rivista turismo “Il Nuovo Gestore” di Roma

 

PERCORSO PROFESSIONALE
1935 Iscrizione all’albo dei pubblicisti presso la sede di Venezia
1937 Sindacato interprovinciale fascista dei giornalisti di Venezia
1957 Iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti di Venezia
1961 Iscrizione all’Unione Cattolica Stampa Italiana, Sezione Regionale Veneta
1963 Iscrizione all’Unione Stampa Marinara di Ancona

 

ADESIONI CATTOLICHE E POLITICHE
Appartenenza, fin da ragazzo, all’Azione Cattolica, frequentando assiduamente l’Oratorio-Ricreatorio dei Padri Filippini e la sub-sezione Giovani del Comitato Diocesano dell’Opera dei Congressi
Frequenza del Circolo Giovanile Cattolico “Contardo Ferrini”, presso i Padri Filippini e della Direzione Diocesana per l’Azione Cattolica di Calle Corona
Fondatore e Presidente del Circolo “Pierino Del Piano”, con sede nella sala “Maria” presso la Basilica di San Giacomo in Chioggia
Adesione ed iscrizione al Partito Popolare Italiano dal 1919 al 1925
Iscrizione obbligatoria al Partito Nazionale Fascista nel 1932
Alla caduta del fascismo non aderisce alla Repubblica Sociale Italiana
Adesione alla Democrazia Cristiana nell’agosto del 1945

 

ATTESTATI E ONORIFICENZE
07/04/1972 Riceve le insegne di Commendatore dell’Ordine Equestre Pontificio di San Silvestro Papa
02/06/1972 Riceve le insegne di Commendatore della Repubblica Italiana
10/09/1972 Riceve una medaglia d'oro per mezzo secolo di attività giornalistica dall’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI)
1972 Riceve una medaglia d'oro per avere difeso a lungo gli interessi cittadini mediante i suoi articoli dal Sindaco di Chioggia avv. comm. Bighin a nome della Giunta Comunale
1972 Riceve una medaglia d'oro per mezzo secolo di attività giornalistica dall’Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Chioggia e Sottomarina
01/05/1979 La “Tribuna Stampa” di Milano gli conferisce un Attestato di riconoscenza per l’attività giornalistica pluridecennale esercitata “onorevolmente” con la qualifica di “giornalista professionista”
03/06/1982 La Fiera della Pesca di Ancona lo premia con il “Grande Pavese Azzurro Internazionale”, un diploma ed una medaglia, per le alte benemerenze acquisite nel settore giornalistico della stampa marinara

 


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